Le ultime vicende che hanno coinvolto il nome di Huawei e lo hanno accostato alle ipotesi di spionaggio sembrano aver pesato al punto tale da richiedere la convocazione dei media internazionali da parte del fondatore Ren Zhengfei dopo tre anni che questo non accadeva.
Zhengfei è intervenuto a più di un mese di distanza dall’episodio che ha riguardato sua figlia Meng Wanzhou, destinataria di un mandato d’arresto dalle autorità americane e attualmente trattenuta in stato di libertà vigilata in Canada, con l’accusa di aver violato l’embargo vigente nei confronti dell’Iran da parte degli Stati Uniti attraverso il trasferimento della tecnologia di Huawei, e dopo il caso del dipendente cinese arrestato in Polonia con l’accusa di spionaggio.
Dopo aver espresso il suo rammarico e la nostalgia per sua figlia, il patron di Huawei ha respinto le voci che identificano la società come un rischio per i Paesi in cui opera. In coerenza con l’immagine che Huawei vuole tutelare, in Polonia è stato disposto il licenziamento per Stanislaw Wang, allontanando quindi qualsiasi connessione con l’attività per cui quest’ultimo è indagato, e cioè con il trasferimento di informazioni riservate all’intelligence cinese.
Un atteggiamento, quest’ultimo, che ben si spiega con le parole, riportate dalla BBC, che Zhengfei ha rivolto alla stampa internazionale durante la sua imprevedibile intervista:
Amo il mio Paese, sostengo il partito comunista, ma non farei nulla per danneggiare il mondo. Personalmente non danneggerei mai gli interessi dei miei clienti e sia io che la mia società non risponderebbe mai alle richieste di condivisione inappropriata di informazioni circa i nostri partner.
Il numero uno del colosso cinese ha quindi negato l’esistenza di una connessione fra le sue personali inclinazioni politiche e la sua attività aziendale e tantomeno l’esistenza di una richiesta di collaborazione arrivata da Pechino per le attività di intelligence. Sono state esplicitamente smentite le ipotesi sull’esistenza di backdoors (ossia di varchi nelle reti di telecomunicazioni creati per ottenere informazioni) richieste dal governo alle aziende operanti nel settore.
Proprio nei confronti degli Stati Uniti e del presidente Trump, il quale ha condotto in prima linea una campagna di persuasione nei confronti degli stati europei per allontanare Huawei dai progetti di sviluppo delle nuove reti cellulari, Zhengfei ha espresso ammirazione e cordialità.
È con questo atteggiamento che quest’ultimo ha definito il capo di stato americano come un “grande presidente“, esprimendo ammirazione per le politiche adottate, e lo ha invitato alla collaborazione e al successo condiviso.
Si tratta dello stesso successo con cui Huawei ha voluto forgiare il suo nome e la sua storia e che Nuova Zelanda e Australia, hanno rifiutato di condividere adottando la diffidenza come approccio da seguire con l’azienda cinese.
Ren Zhengfei ha licenziato l’argomento sostenendo che “non si può lavorare con tutti”, ma è successivamente tornato sui toni diplomatici, esplicitando l’impegno di Huawei ad impegnarsi per farsi accogliere da altri Paesi.
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