Reti 5G

Antitrust sugli ostacoli normativi per la realizzazione di impianti di telecomunicazione: rischi per lo sviluppo del 5G

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Nell’ambito delle sue attività consultive e di segnalazione, l’AGCM ha deliberato l’invio di una segnalazione relativa agli ostacoli per l’installazione di impianti di telecomunicazione mobile e broadband wireless access a causa delle normative locali, regionali e nazionali.

Secondo l’Autorità, tali ostacoli, come per esempio i limiti e i divieti all’installazione, finiscono per restringere in maniere ingiustificata la concorrenza nei mercati, con conseguenze negative sia per i consumatori che per le imprese, oltre che per la competitività italiana.

Con la transizione al 5G, tali criticità potrebbero costituire motivo di pesanti rallentamenti, “andando a vanificare l’impegno che l’Italia ha profuso con riguardo alle tecnologie 5G, muovendosi in anticipo rispetto ad altri Paesi europei nell’assegnazione delle frequenze”.

L’AGCM insiste sull’opportunità rappresentata dal 5G, considerato come un innalzamento dei livelli di concorrenza, grazie alla possibilità di erogare nuovi servizi che interesseranno diversi comparti industriali.

Nell’analizzare le criticità, l’AGCM riferisce che il Decreto Legislativo 1° Agosto 2003, n.259, ha favorito un regime autorizzatorio uniforme, volto a definire le modalità e le tempistiche delle autorizzazioni. Tutti gli impianti di telefonia sono qualificati come opere di urbanizzazione primaria e ne è riconosciuta dal Coice delle Comunicazioni Elettroniche la natura di pubblica utilità.

L’installazione non riflette dunque il solo interesse delle imprese, ma quello della collettività.

Su queste premesse, l’Autorità basa la sua analisi delle criticità riscontrate a livello comunale, provinciale e regionale. Si evince che tali criticità finiscono per comportare una copertura incompleta, incrementare i costi amministrativi e determinare una discriminazione tra operatori storici e operatori più recenti, oltre che tra le diverse tecnologie.

La prima di tali criticità sarebbe rappresentata dal fatto che numerosi regolamenti comunali presentino dei criteri di localizzazione tali da precludere o limitare l’installazione di impianti nel territorio. Secondo l’AGCM non si terrebbe infatti conto delle esigenze tecniche strettamente connesse all’architettura della rete.

I divieti di installazione, inoltre, potrebbero porsi in stretta antitesi con gli obiettivi di minimizzazione dell’esposizione alle emissioni elettromagnetiche. Si ritiene, infatti, che gli operatori possano essere costretti a installare un maggior numero di impianti al fine di mitigare gli effetti negativi dei divieti in ampie zone dei comuni.

Per finire, in tal senso, viene fatto presente che alcuni regolamenti comunali o alcune ARPA sono soliti fissare dei limiti che non trovano alcun riscontro nella normativa nazionale, e che sono caratterizzati da valori di emissioni e di potenza molto più bassi.

In termini di autorizzazioni, viene riscontrata la violazione o la erronea applicazione delle procedure autorizzatorie. Infatti, molti comuni starebbero continuando a imporre agli operatori la presentazione del permesso a costruire, nonostante l’installazione non sia assoggettabile alle procedure previste per il rilascio di concessione edilizia del Testo Unico in materia.

Tale vincolo, unito alle diverse documentazioni da allegare alle istanze di installazione, finisce per porsi in netto contrasto con l’idea, sopra enunciata, di un regime autorizzatorio uniforme. A ciò si aggiunge poi l’esistenza di diritti di segreteria o istruttoria ritenuti illegittimi dalla giurisprudenza, e dunque inapplicabili, secondo quanto riportato nel bollettino ufficiale.

Per finire, l’elevata eterogeneità e difformità dei moduli utilizzati per la presentazione dell’istanza di autorizzazione finiscono per dilatare i tempi del procedimento amministrativo.

In tal senso, l’AGCM cita il modello positivo adottato dalla Regione Sardegna, che prevede la trasmissione delle richieste di autorizzazione al SUAP, lo sportello unico per le attività produttive, che riunirà in seguito le amministrazioni interessate per adottare un provvedimento unico.

Esempi simili, considerati “virtuosi” dall’Autorità, sono quelli rappresentati dai protocolli stipulati per la sperimentazione del 5G, che individuano uffici e procedure di coordinamento con altre amministrazioni.

La segnalazione si sofferma poi sulle criticità emerse nei regolamenti regionali:

  • La regione Abruzzo, per esempio, prevede l’acquisizione di un parere endoprocedimentale da parte dell’ASL, in contrasto però con la Legge Quadro che attribuisce l’onere di controllare le emissioni elettromagnetiche all’ARTA;
  • Le Province Autonome di Bolzano e Trento prevedono invece procedure di autorizzazione difformi rispetto a quelle previste dal Codice e tendenzialmente più onerose per gli operatori;
  • Il Friuli Venezia Giulia, con la sua Legge Regionale del 18 Marzo 2011, trasmette al Ministero per i Beni e le Attività Culturali il piano di sviluppo della rete degli operatori, se questo interessa beni culturali. Ma ciò dovrebbe avvenire solo in seguito alla presentazione della richiesta di autorizzazione per il singolo sito. Così facendo, il nulla osta viene richiesto sia in fase preliminare che durante lo specifico intervento, allungando i tempi.
  • in Valle d’Aosta occorre l’autorizzazione e il parere dell’ARPA per tutti gli impianti di telecomunicazione mobile, anche quelli con potenza pari o inferiore ai 10 Watt, in contrasto con il Decreto Legge 6 Luglio 2011.
  • Nelle Marche, vige un divieto assoluto di installazione in ampi territori e su tutti gli edifici in cui la permanenza di persone è superiore a quattro ore. Ciò è però in netto contrasto con la normativa nazionale che prescrive solo limiti di emissioni, ma non divieti assoluti di installazione.
  • In Lombardia, la Legge Regionale 11 Maggio 2001 ha introdotto un divieto inderogabile di installazione di impianti con potenza superiore ai 7W, nelle aree ad alta densità abitativa.

In conclusione, l’Autorità auspica ancora una volta una maggiore uniformizzazione delle procedure per sostenere lo sviluppo del 5G, congiuntamente all’eliminazione di restrizioni ingiustificate, ai divieti di installazione generalizzata su ampie aree e ai limiti eccessivamente restrittivi per le emissioni.

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