Durante l’adunanza di Mercoledì 31 Ottobre 2018 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha discusso di alcune criticità riguardanti la proroga dei diritti d’uso delle frequenze di telecomunicazione, disciplinata all’articolo 25, comma 6 del decreto legislativo 259/2003, conosciuto anche come Codice delle Comunicazioni Elettroniche.
Al proposito la norma stabilisce che “le autorizzazioni generali hanno durata non superiore a venti anni e sono rinnovabili” secondo una verifica d’ufficio effettuata presso il Ministero delle comunicazioni (nella suddivisione attuale delle deleghe esso corrisponde al Ministro dello Sviluppo Economico) dei requisiti richiesti.
In questo campo, è particolarmente diffusa la pratica della proroga automatica dei diritti d’uso delle frequenze, una fattispecie che ha sollevato alcune ambiguità rispetto al regime di concorrenza su cui si fonda il settore delle comunicazioni.
“Tale prassi (quella del rinnovo automatico, nrd)“, è scritto nel testo pubblicato all’interno dell’ultimo Bollettino settimanale “[…] produce l’effetto di non permettere il dispiegarsi di una concorrenza per l’acquisizione di una risorsa scarsa e impedisce, pertanto, che il confronto concorrenziale porti all’ingresso di nuovi operatori o all’emergere di operatori più efficienti. In tale quadro, un aspetto di primario rilievo al quale occorre prestare particolare attenzione attiene alle condizioni tecnico-economiche associate al rinnovo della durata dei diritti d’uso, atteso che le stesse possono conferire un indebito vantaggio concorrenziale a taluni soggetti operanti sul mercato.
In tale ottica, l’Autorità ritiene necessario assicurare che gli oneri economici di cui all’articolo 13 della Direttiva 2002/20/CE, previsti per i diritti d’uso la cui durata venga estesa, siano proporzionati al reale valore attribuito agli stessi, nel rispetto del principio di neutralità tecnologica.
In particolare, qualora tale valore sia desumibile dalla valutazione definita nelle procedure competitive per l’assegnazione di diritti d’uso per frequenze similari – come ad esempio i diritti d’uso per le frequenze in banda 3,4-3,6 GHz e i diritti d’uso per le frequenze “pioniere del 5G”, assegnata recentemente con apposita gara – sarebbe necessario definire un canone proporzionato con tale valutazione.
La valutazione di proporzionalità, inoltre, dovrebbe tenere in considerazione le altre caratteristiche dei diritti d’uso, quali: i) la differente durata e utilizzo a cui viene destinata la risorsa e il loro riflesso nel recupero degli investimenti; ii) la necessità di perseguire – mediante il rinnovo – obiettivi specifici, come ad esempio il mantenimento del supporto di una determinata tecnologia, il recupero degli investimenti o la permanenza di determinati servizi; iii) il riconoscimento di diritti differenziati tra l’acquisizione a titolo originario rispetto all’allocazione a titolo di rinnovo, come ad esempio la possibilità di rinnovo successivo.
Mediante tale valutazione di proporzionalità, si eviterebbe l’allocazione discriminatoria di una risorsa che assolve al medesimo scopo, permettendo agli operatori di comunicazione di competere in condizioni di parità.
In secondo luogo, l’Autorità ritiene utile evidenziare la necessità che il quadro regolamentare in tema di proroga dei diritti d’uso venga integrato al fine di rendere il sistema di allocazione delle risorse frequenziali scarse più aderente ai principi comunitari di trasparenza, equità e non discriminazione, in particolare assicurando che vi sia sempre un legame di scopo tra lo strumento della proroga e gli obiettivi prefissati (quali ad es. il mantenimento del supporto a una determinata tecnologia o il recupero degli investimenti).
Tale risultato può essere conseguito definendo, già al momento della prima assegnazione, l’esistenza (o meno) della possibilità di rinnovo del diritto d’uso, il periodo di proroga e le ragioni inderogabili in base alle quali sia possibile richiedere la proroga stessa, così da fornire un quadro coerente e definito ex ante sull’ampiezza del diritto d’uso assegnato.
In terzo luogo, appare opportuno evidenziare la necessità che le norme e i regolamenti in tema di rinnovo dei diritti d’uso prevedano un divieto di cessione per un periodo predefinito nonché un obbligo di realizzazione degli investimenti e di utilizzo delle risorse frequenziali. In tal modo si rafforzerebbe il nesso di causalità tra l’obiettivo posto alla base della proroga del diritto d’uso e lo strumento utilizzato, e si eviterebbe altresì che la cessione dei diritti d’uso in un periodo ravvicinato rispetto al rinnovo abbia il duplice effetto di frustrare gli obiettivi insiti nella proroga stessa e di distorcere la concorrenza nell’utilizzo di risorse frequenziali che, a fronte di diversi oneri economici sostenuti, rispondono a funzioni sostanzialmente equivalenti.
In conclusione, l’Autorità, nell’auspicare in generale un minor ricorso alle proroghe dei diritti d’uso delle risorse frequenziali, ritiene opportuno che gli oneri economici previsti per il rinnovo di tali diritti d’uso siano definiti con proporzionalità rispetto al valore e alle caratteristiche attribuiti agli stessi, specialmente con rifermento al caso in cui tale valore sia desumibile da procedure competitive di risorse comparabili. Ritiene, altresì, necessario che vengano introdotti vincoli più stringenti ed effettivi nei futuri procedimenti aventi ad oggetto le suddette proroghe, allo scopo di assicurare il raggiungimento degli obiettivi prefissati, rendendo così l’istituto della proroga proporzionato allo scopo che con esso si intende raggiungere”.
L’argomento sembra presentarsi all’uopo dopo il termine della gara per il diritto d’uso delle frequenze 5G. Sarà curioso comprendere il risvolto alle indicazioni che l’AGCM ha espresso sulle criticità sollevate e scoprire se nuovi criteri trasformeranno le modalità con cui in futuro si prorogheranno i diritti di utilizzo.
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