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Tim, Genish dopo il CdA: “Non si sono comportati da gentiluomini. Danneggiata l’immagine dell’azienda”

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In seguito alla revoca delle deleghe che il nuovo Consiglio di Amministrazione a maggioranza Elliott gli aveva affidato, Amos Genish non ha usato eccessivi mezzi termini per esprimere il suo giudizio sugli eventi e gli attori che hanno determinato la rimozione dal ruolo di CEO.

Quando la riunione si stava svolgendo l’israeliano era in Corea per l’accordo che Tim ha siglato con Samsung per l’introduzione in Italia dei prodotti e dei servizi abilitati al 5G già entro il 2019. Di fatto esso è da considerarsi come l’ultimo atto ufficiale da parte di Amos Genish da amministratore delegato di Tim.

In un’intervista a La Stampa, pubblicata nell’edizione giornaliera di mercoledì 14 Novembre 2018, però, Genish non ha voluto concedere fraintendimenti, e sul comportamento dei suoi colleghi ha dichiarato:

Non si sono comportati da gentiluomini. Ogni giorno è un buon giorno, anche se alcuni sono più interessanti e altri meno, e questo lo è di più. È stata una mossa sorprendente, non si aiuta l’immagine dell’azienda se si allontana il CEO in questa maniera. È un inatteso e anormale andamento delle cose, almeno per quanto riguarda la corporate governance di una grande azienda.

Fulvio Conti, attuale presidente di Tim, aveva rassicurato personalmente Genish rispetto a qualsiasi tipo di ipotesi che rispecchiasse quanto poi nella realtà è architettato:

Mi aveva assicurato che non ci sarebbe stato un CdA, tranquillizzandomi per le indiscrezioni di segno avverso che circolavano. Mentre ero nel mezzo di un viaggio di lavoro in Asia per parlare di 5G, ecco che ne convocano la riunione e fanno un vero e proprio putsch sovietico ai miei danni. Non c’era un emergenza, potevano aspettare il venerdì. Evidentemente, ci sono dei motivi per cui si sono sentiti a loro agio nel farlo mentre ero via. Con un preavviso di dodici ore…

Probabilmente fino alla mattina di lunedì 13 Novembre 2018, si sarebbe potuto dubitare che i tempi fossero diventati maturi per rimuovere Genish dal ruolo. Tutto sommato i risultati finanziari pubblicati il 9 Novembre erano prevedibili da parte della società, anche se curiosamente la presentazione dei dati trimestrali ha riacceso e innescato maggiore velocità in merito alla questione della rete unica. Un passaggio su cui Elliott ha sviluppato sin da subito una sintonia con le intenzioni del governo, che mancava invece con Genish:

Gli americani di Elliott hanno condotto una campagna segreta per molto tempo, cercando di destabilizzare me e la società. Hanno interferito con il mio lavoro e con la mia capacità di governance. Se guardiamo le decisioni prese e quelle no, è evidente che il board non mi ha sostenuto. Il punto interrogativo sulla mia permanenza ha complicato il quadro. Il contesto ostile ha permeato di disfunzioni l’ambiente societario. Se c’è qualcuno da biasimare per come vanno le cose, o per come non sono andate, quello è il Consiglio.

La discordia è stata evidente soprattutto relativamente alla vision sulla progettazione futura:

Possiamo chiederci se non sia tutto dovuto alle due filosofie che animano Tim. Una è quella di chi vuole lo spezzatino della società per vendere i diversi pezzi, come Elliott ha sempre dichiarato dall’inizio. L’altra è di chi, come me, immagina un gruppo industriale integrato orientato al pieno sfruttamento del potenziale tecnologico a partire dal 5G. Questi approcci si sono scontrati sin dall’inizio. Era impossibile lavorare. Elliott mi ha sempre promesso sostegno a parole e non lo ha mai fatto.

Sono più che altro preoccupato. Elliott non conosce il settore delle Tlc come lo conosco io, non ha piena consapevolezza delle sfide che ci attendono. L’ultima cosa che farebbe bene alla Tim è uno spezzatino. Non funzionerebbe. Creerebbe uno scenario di caos. Loro credono di avere la soluzione rapida per risolvere i problemi. Io dico che non è così.

L’ormai ex Ceo è invece convinto che la rete sia ancora un’assets importante per Tim e che per il governo potrebbe risultare troppo difficile sostenere i costi del personale della infrastruttura complessiva di Open Fiber e di Tim stessa.

Quanto all’azienda, il presidente Conti ha rassicurato sulla sua parola, stavolta a tutti i clienti, ai dipendenti, agli azionisti e ai stakeholders, la continuità nella gestione, promettendo altresì di realizzare un nuovo piano che salvaguardi gli interessi di tutti. Il piano DigiTim di Genish sarà sotterrato, come il manager stesso avrebbe potuto prevedere:

Gli americani non hanno accettato di studiare quello che stavo proponendo, la DigiTim e il piano di trasformazione del gruppo. Non hanno fatto alcuno sforzo. Erano insoddisfatti per la lentezza con cui procedevano certe cose e chiedevano sempre il deleverage finanziario, in fretta. È facile star fuori dal gioco e criticare. È più dura essere al posto del conducente e dover dare risultati remunerando gli azionisti. L’atteggiamento degli investitori potrebbe mutare drammaticamente perché tocca a loro portare dei risultati. Adesso, non credo che potranno farlo andando nella direzione opposta a quella che avevo impostato. Anzi, potrebbero deteriorare Tim.

La loro conoscenza della società è naïf o superficiale. Le intenzioni non sono basate su idee dimostrate.

Secondo quanto sostenuto da Elliott, al contrario, Genish ha avuto l’opportunità di creare valore, ed è stato sostenuto in questo. Per di più il manager è stato più volte accusato della sua scarsa presenza fisica negli ambienti societari.

Domenica 18 Novembre 2018 il CdA si riunirà per procedere alla nomina di un nuovo amministratore delegato e i cui pronostici indicano Alfredo Altavilla come successore, ex braccio destro di Sergio Marchionne. L’ipotesi non sarebbe priva di critiche rispetto alla scarsa esperienza di Altavilla nel settore delle telco, guardando invece all’inadeguatezza lamentata nei confronti del più veterano Genish. Quest’ultimo, tra l’altro, ha annunciato che resterà in Consiglio lavorando negli interessi degli azionisti.

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