Un nuovo scontro tra i due maggiori azionisti, Vivendi ed Elliott, è ciò che ha concluso la cronaca settimanale di Tim. Negli scorsi giorni Vivendi, dopo la decisione di alcuni analisti finanziari di modificare la raccomandazione sulle azioni di Tim, non ha mancato di attaccare la società di Paul Singer che detiene la maggioranza dei consiglieri nel cda della società.
Un portavoce dei francesi ha espresso la totale mancanza di organizzazione che regna nella nuova dirigenza imputandole la realizzazione della “viscida campagna orchestrata” contro Amos Genish, CEO del gruppo.
Da parte sua, Elliott ha nuovamente dovuto lavorare sulla difensiva, dichiarandosi ancora una volta in collaborazione con il lavoro di Genish e protesa all’interesse di tutti i soci (fonte Radiocor).
Il nome di Amos Genish, infatti, è rimbalzato ancora una volta nel panorama finanziario durante questa settimana, e da questo è scaturita l’ennesima invettiva di Vivendi nei confronti di Elliott. Prima ancora che se ne parlasse sui media, la società di consulenza finanziaria Equita ha giudicato dannoso nel medio termine un altro cambio al vertice della società. Il CEO è il promotore del piano industriale 2018-20 e, sebbene non si percepiscano i risultati concreti della sua azione, un cambio di guida prima del termine del progetto non sarebbe auspicabile.
Ciononostante si è parlato persino di un consenso condiviso tra Vivendi ed Elliott (che avrebbero nel caso consultato anche Cassa Depositi e Prestiti) per la sostituzione del CEO e di una sua convocazione a Parigi successivamente smentita.
A circolare nel mondo della finanza è stato anche il nome di Tim. Ha cominciato Barclays, che ha sottopesato il target price (prezzo previsto per la vendita delle azioni) del titolo di Tim a 0,43 euro (in quel momento era a 0,49 euro), in virtù del salasso di 2,4 miliardi di euro di cui Tim si è caricata per l’acquisto delle frequenze 5G, della mancanza di prospettive sul progetto di rete unica (che gli azionisti auspicano) e della concorrenza di Iliad.
Credit Suisse ha confermato la raccomandazione neutral del titolo, rielaborando la stima del target price da 0,70 a 0,55 euro. A fare ombra su prospettive più ottimistiche sono soprattutto le incertezze sui risultati dei conti del terzo trimestre e l’enorme debito. La relazione finanziaria, che sarà presentata l’11 Novembre conterrà, per la prima volta nel corso di tutti e tre i mesi, gli effetti della concorrenza di Iliad nel mobile. Nel fisso, ha sostenuto Credit Suisse, le cose potrebbero andare diversamente grazie all’aumento dei prezzi. Anche Equita ha ridotto il target price da 0,85 a 0,70 mantenendo il rating “buy”.
Il rating “buy” è stato mantenuto anche dalla Banca Akros, che ha portato il target price da 1 euro a 0,90.
Infine l’agenzia Fitch Ratings ha chiuso il quadro, convertendo l’outlook della società da stabile a negativo e confermando il rating di lungo periodo con un BBB−, derivante, come scrive La Repubblica, da una forte concorrenza a cui Tim non ha reagito con un’adeguata visibilità e dalla prospettiva sempre più lontana di contrarre l’indebitamento in maniera organica, constatando le risorse che saranno investite per le frequenze 5G.
Le raccomandazioni finanziarie negative si accavallano e il mercato nero delle informazioni non aiuta a rendere il quadro chiaro, ma i risultati che tutti si aspettano e che non arrivano mettono pressione sulla governance. Quando l’11 Novembre 2018 si parlerà dei numeri del terzo trimestre si capirà quanta agonia finanziaria e mediatica ci sarà ancora da subire.
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