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L’uso dei Big Data del rispetto dei diritti e delle libertà

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Un recente report, derivato da un Intervento di Antonello Soro, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali, ha affrontato in modo completo l’importanza dei dati nella comunità odierna.

I Big Data ricoprono ormai un ruolo fondamentale nella realtà di ogni giorno tanto da coinvolgere vari aspetti, dall’economia, all’assetto politico e ordinamentale, alla società, al costume e alla persona.

Caratteristiche dei Big data sono quelle che vengono chiamate le “4 V”, ovvero volume, velocità, varietà, veridicità e dalle quali ne deriva una superiore ovvero il valore, nel senso di profitto conseguito. Grazie all’analisi dei Big Data, infatti, possono essere studiati dei veri e propri modelli interpretativi, analitici e persino predittivi di quelli che sono i fenomeni e i comportamenti umani, che vengono ormai utilizzati per conseguire fini commerciali in maniera quanto più precisa possibile ed è questo il motivo per cui il loro valore è altissimo agli occhi delle aziende e dell’intera economia digitale. Si tratta di una vera e propria merce la cui caratteristica è quella di non esaurirsi, ma di mantenersi costantemente aggiornata e quindi di essere sempre valida.

Antonello Soro, l’attuale Garante per la privacy

Chiunque, a volte quasi inconsapevolmente, fornisce questi dati già mediante la semplice navigazione su internet e sui social media, l’uso di dispositivi connessi ad internet e le transazioni economiche effettuate online. Ed è proprio la cessione di questi dati che consente di fruire di servizi online (social network, applicazioni, ecc) totalmente gratuiti: senza il passaggio, il trasferimento dei nostri dati riguardanti le preferenze e le abitudini degli utenti, tali servizi contemplerebbero un prezzo.

I dati vengono puoi riutilizzati dalle aziende per proporre, per esempio attraverso mirati annunci pubblicitari, la vendita di prodotti precisi, così da orientare le scelte altrui in maniera efficace.

Di contro diventa difficile applicare le usuali legge relative al trattamento dei dati personali, dal momento che la mole di informazioni ricavata assume dimensioni enormi. Inoltre viene a mancare, come è stato evidenziato dal Parlamento Europeo durante la risoluzione del 14 Marzo 2017, una reale separazione tra quelli che possono essere considerati dati sensibili e quelli che non lo sono.

Tuttavia, la reale fonte di valore non riguarda la possibilità di collegare ad un nome e ad un volto una certa abitudine, piuttosto la possibilità di poter definire e classificare un insieme di profili che condividano aspetti e abitudini.

Esistono comunque, all’interno del Gdpr, delle norme relative al trattamento dei Big Data, nel quale, per esempio, è contemplata l’applicabilità delle norme anche su aziende che risiedono all’estero.

Importanti sono le garanzie che vengono messe in pratica di fronte ai processi decisionali automatizzati sui quali i Big Data si basano, rendendo necessario il filtro dell’uomo almeno per porre un freno alle azioni dettate dai soli algoritmi.

Altrettanto rilevanti sono anche le misure di privacy by design e by default che, secondo quanto riportato dal Garante della privacy

“mirano a inscrivere direttamente nei sistemi e nei dispositivi le tutele per i diritti dell’interessato, consentendo in tal modo di minimizzare i rischi del trattamento in ragione delle stesse caratteristiche organizzative e funzionali della tecnologia utilizzata.”

Inoltre le norme tentano anche di correggere lo squilibrio causato dall’avanzata dei big tech nei rapporti tra Stato e privati.

Nell’uso dei Big Data, relativamente alla dimensione collettiva dei rischi, si è cercato di unire la social media intelligence e la human intelligence nella digital humin; inoltre è stato dimostrato come gli algoritmi non siano formati da matematica pura, quindi basati sulla perfezione assoluta, ma siano da considerare più alla stregua di opinioni umane strutturate in forma matematica riflettendo, tra l’altro le interpretazioni di chi li progetta.

Il Garante della Privacy afferma inoltre che

“Il risultato che si trae dall’impiego di tecnologie che dovrebbero assicurare la massima terzietà rischia dunque di essere, paradossalmente, più discriminatorio, lombrosiano o anche solo antistorico di quanto possa essere la pur fallibile razionalità dell’uomo.”

Da ciò emerge quindi che il futuro dei Big Data dipenderà in modo esclusivo dalla maniera in cui verranno utilizzati, nell’ottica di un necessario rispetto di diritti e libertà.

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