L’8 giugno 2018, si è svolta a Roma la conferenza “Big Data: Connessioni e pluralismo”, secondo appuntamento del ciclo dedicato ai “20 anni di Agcom”. Questo evento è stata l’occasione per presentare il risultato preliminare dell’indagine conoscitiva sui Big Data avviata dall’Agcom poco più di un anno fa, un’iniziativa che si era già distinta a suo tempo per essere stata la prima in Europa ad essere condotta da tutte e tre le autorità di regolazione.
Lo studio è stato commissionato con l’obiettivo di analizzare attraverso una rigorosa metodologia empirica, il “prezzo implicito” dei dati scambiati su internet tra utenti e imprese e le possibili evoluzioni del pluralismo nell’epoca del dato profilato.
L’Interim Report presentato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e il Garante per la Protezione dei Dati Personali è diviso in tre parti.
La prima analizza il fenomeno Big Data da un punto di vista definitorio, mettendone in evidenza le principali caratteristiche e analizzando la catena di valore che lo porta a diventare un fattore economico decisivo per le imprese.
Il singolo dato ha infatti di per sè un valore economico quasi nullo, che viene accresciuto soltanto attraverso un processo di trasformazione e riutilizzo.
La seconda parte sposta invece l’indagine sull’individuo come fonte di dati.
Vengono in particolar modo presi in considerazione i rischi sociali derivanti da un uso sempre più pervasivo delle tecniche di profilazione.
Attraverso un’accurata analisi econometrica, (svolta insieme al dipartimento di Ingegneria Informatica Automatica e Gestionale dell’università “La Sapienza” di Roma) su circa un milione di app, pari all’80 per cento di quelle presenti nel “negozio virtuale” di Google Play, l’indagine Agcom ha ottenuti alcuni risultati particolarmente importanti.
Se da un lato è infatti emerso come la domanda di download APP da parte degli utenti sia negativamente correlata con il numero di permessi richiesti per la raccolta dati, dall’altro si è però appurato, in maniera statisticamente significativa, come il prezzo delle APP risulti negativamente correlato al numero di permessi richiesti.
Questo significa semplicemente che più autorizzazioni per il trattamento dei dati l’impresa digitale richiede all’utente, più le probabilità che l’APP in questione sia gratuita aumentano sensibilmente.
Una statistica che conferma in maniera netta come i Big Data siano ormai considerati un vero e proprio bene economico da parte delle imprese, e abbiano già adesso un’importanza tale da influenzarne il modello di business.
Il problema è che nella maggior parte dei casi, la cessione dei dati da parte degli utenti avviene senza una reale valutazione delle conseguenze che questo scambio può generare.
La terza ed ultima parte dell’Interim Report Agcom, si concentra invece sul ruolo delle piattaforme digitali, con particolare attenzione ai social network, divenuti ormai parte integrante della dieta informativa quotidiana degli utenti.
Una quota molto rilevante dei big data è infatti costituita dai dati che queste piattaforme raccolgono attraverso la scia digitale (online footprint) che ogni utente rilascia nel corso della sua navigazione.
L’indagine Agcom rileva inoltre come i sistemi di Personalizzazione Automatica (che agiscono attraverso degli algoritmi in funzione dei dati sensibili acquisiti), e la condivisione di contenuti informativi da parte degli stessi utenti, facilitino sensibilmente la proliferazione di notizie false e contenuti polarizzanti.
Un fenomeno da non sottovalutare, anche perché riguarda direttamente tutte le informazioni relative alle nostre scelte politiche, alimentari, sanitarie che ogni giorno visualizziamo sui nostri schermi.
D’altronde, lo scopo dell’indagine conoscitiva di Agcom è quella di fare tesoro dei tavoli tecnici con gli stakeholders e del materiale empirico acquisito, per poter proporre dei suggerimenti di politica pubblica, che aiutino a regolamentare un fenomeno pieno di insidie, cercando soprattutto di tutelare chi non è ancora in grado di farlo da solo.
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