Amos Genish, l’uomo in mezzo alla querelle Vivendi-Elliott per il futuro di Tim

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Sono ormai diverse settimane che prosegue la contesa per la gestione di Tim tra Vivendi, azionista di maggioranza, ed Elliott, che invece punta ad accrescere la sua presenza nella società. Il risultato definitivo della vertenza è previsto per domani venerdì 4 maggio 2018, quando l’assemblea degli azionisti aventi diritto di voto si riunirà per nominare il nuovo Consiglio di Amministrazione.

In una situazione dove fare pronostici risulta notevolmente difficile a causa dell’incertezza di quelli che saranno i fronti di minoranza e maggioranza, vista inoltre la recente entrata del governo nella partita, Tim ha voluto far luce negli scorsi giorni rispetto a quanto scritto in un articolo di Christopher Williams intitolato “Telecom Italia chief ready to quit if activist Elliott wins power struggle” (il capo di Telecom Italia pronto a dimettersi se l’azionista Elliott vincerà la lotta per potere), riportato sul Sunday Telegraph, edizione domenicale del noto quotidiano inglese Daily Telegraph.

Al di là dell’imprecisione nella qualifica del ruolo di Amos Genish, divenuto semplice amministratore da quando il 24 aprile 2018 il consiglio di amministrazione è decaduto per dimissioni della maggioranza dei consiglieri, Tim ha precisato che il titolo dell’articolo “è equivoco e non riflette lo scambio avvenuto tra Amos Genish e il giornale”.

In effetti, durante l’intervista, Genish, designato da Vivendi nel 2017 per il ruolo di amministratore delegato, ha affermato che qualora Elliott dovesse vincere la votazione, il suo incarico a capo delle strategie aziendali sarebbe “insostenibile”, espressione che Williams ha probabilmente interpretato con il significato più radicale riferito all’incompatibilità di Genish con l’eventuale futura maggioranza di Elliott nel board dirigenziale di Tim.

Amos Genish

Al contrario Genish sembrerebbe ricoprire in questo momento storico della società di telefonia un ruolo di congiunzione fondamentale per la mediazione tra i diversi interessi su diversi fronti: quello della separazione della rete elettrica e della quotazione in borsa della società appositamente costituita, modello caldeggiato dal governo con Cassa Depositi e Prestiti e da Elliott, quello della maggiore spinta verso l’innovazione più di quanto mai sia stato fatto in Tim, quello del rinnovamento dell’assetto organizzativo della società.

Genish gode inoltre di buoni rapporti con le diverse tipoligie di azionisti e ciò è stato confermato nellassemblea dei soci del 24 aprile, in cui al primo punto all’ordine del giorno il 98% dei presenti ha confermato la fiducia all’israeliano. Il risultato è il frutto delle capacità di mediazione che palesemente un uomo come Genish ha mostrato negli ultimi mesi, soprattutto nella ripresa della normale collaborazione col governo.

Il fondo Elliott sembra essere pronto ad accordare la fiducia a Genish e a non proporre alcun piano alternativo a quello approvato dal CdA il 6 marzo 2018 per il triennio 2018-2020, come confermato anche all’intervista fatta al manager dal Sole 24 Ore e presa in considerazione da Tim per porre fine all’equivoco creato dal Telegraph. Ciò che conta per l’israeliano è la fiducia, lo stesso elemento che gran parte degli azionisti di Tim sembra non avere nei confronti di Vivendi, accusata di aver gestito la società secondo i propri interessi. L’alternativa, già da domani 4 maggio, potrebbe essere la nomina della maggioranza della lista presentata da Elliott.

Nell’instabilità della guerra per il potere di Tim, Genish sembra essere il punto fermo e, come riportato da Giuliana Ferraino nell’edizione giornaliera del 1° Maggio 2018 del Corriere della Sera, gli stessi francesi di Vivendi sono convinti che «una sua uscita metterebbe a rischio tutti i progressi fatti».

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